Utilizzo dei big data e del “Population Health Management” (PHM) per valutare servizi e costi per i pazienti con gravi mentali disturbi e passare a un sistema di pagamento basato sul valore.
Applicata in diverse branche della medicina, la “Gestione della Salute della Popolazione” (Population Health Management - PHM) è un approccio centrato sulla persona e guidato dai dati, che identifica necessità e rischi specifici di particolari gruppi di pazienti e disegna interventi su misura per quel gruppo lungo tutte le fasi del disturbo (prevenzione, diagnosi, trattamento, follow-up,...), enfatizzando l'integrazione dell'assistenza sociale e sanitaria, l'innovazione nell'erogazione delle cure e il monitoraggio continuo dello stato dei pazienti. L'obiettivo dichiarato di questo approccio sembra un’utopia: massimizzare gli esiti (i risultati) e contemporaneamente ridurre i costi degli interventi.
L’articolo [1] di cui parliamo – recentissimo – analizza uno studio italiano del 2017-18, che mira ad applicare alla salute mentale il framework PHM, già adottato con successo per varie condizioni croniche, come il diabete e l'insufficienza cardiaca. E’ interessante anche perchè pone le basi per esplorare la fattibilità di un sistema di pagamento “a pacchetto” (“pagamento basato sul valore”) per sostituire l’attuale sistema di rimborso a prestazione, per promuovere migliori risultati ed un percorso di cura più integrato, in particolare per i pazienti affetti da disturbi mentali gravi.
Lo studio ha coinvolto quattro Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) di tre regioni italiane: Emilia-Romagna, Lazio e Sicilia.
A partire dai dati del Sistema Informativo della Salute Mentale Nazionale (SISM) e dei Database Amministrativi della Salute Regionali, è stato utilizzato uno strumento statistico (Mental Health Clustering Tool - MHCT) per stratificare i pazienti in base alla gravità del disturbo e ai fabbisogni di salute mentale variabili nel tempo.
I dati del SISM tengono traccia di varie informazioni sugli utenti: dati demografici, diagnosi (codici ICD9-CM e ICD10-CM), tipi di servizi di salute mentale forniti. I DB amministrativi regionali contengono registri di dimissioni ospedaliere, farmaci coperti dal SSN, prestazioni in pronto soccorso, cure ambulatoriali, esenzione dal ticket. I dati sull'assistenza primaria non sono stati inclusi nell'analisi.
E’ stato selezionato e valutato un campione casuale di pazienti maggiorenni, con disturbi mentali gravi (disturbi dello spettro della schizofrenia, depressione maggiore, disturbi bipolari e disturbi della personalità), che utilizzavano i servizi di salute mentale nelle tre regioni (circa 9.000 persone). Gli operatori sanitari (psichiatri, infermieri, psicologi, educatori, TERP, assistenti sociali), opportunamente formati, hanno utilizzato lo strumento MHCT per assegnare i pazienti ai cluster (gruppi) descritti nella tabella 1, che rappresentano livelli diversi di fabbisogni di cura e complessità di trattamento (cfr. penultima colonna).
La distribuzione dei pazienti nei cluster è risultata variabile sia all'interno della stessa regione che tra le regioni (cfr. grafico di fig. 1). I Cluster 3 (Non-psicotico - gravità moderata), Cluster 11 (Psicosi ricorrente con bassa sintomatologia) e Cluster 12 (Psicosi ricorrente con elevata sintomatologia e disabilità) erano i cluster più frequentemente osservati; questi cluster comportano fabbisogni di cura bassi o moderati.
I dati disponibili nelle tre regioni tra il 2015 e il 2016 sono stati utilizzati per calcolare i modelli di consumo dei servizi (prestazioni e farmaci) e relativi costi per cluster, includendo anche i costi legati alle comorbilità con patologie fisiche (diabete, ulcera, ipertensione, disturbi cardiaci, polmonari, cerebrovascolari,...).
Il risultato è riassunto nel grafico di figura 2.
La prima cosa che lo studio rivela è la grande variabilità nei modelli di assistenza e nei costi tra regioni e DSM, suggerendo la necessità di un'assistenza più standardizzata; ad esempio, l'uso di servizi di salute mentale ambulatoriali rispetto alle cure residenziali varia tra le regioni, e i trattamenti residenziali e semiresidenziali portano a costi significativamente più alti. L’Emilia-Romagna ha mostrato i costi medi più bassi (€3.101), mentre il Lazio i costi medi più alti (€6.501).
Il focus dello studio era però esplorare la fattibilità di un sistema di pagamento “a pacchetto” (“pagamento basato sul valore”) per sostituire l’attuale sistema di rimborso a prestazione; questo approccio richiede quattro elementi:
- determinare il carico di lavoro sostenuto dagli operatori, definendo il numero e il tipo dei servizi forniti ai pazienti in ciascun cluster, e i relativi costi;
- definire l'”episodio di cura” per ciascun cluster e il modello di erogazione per la specifica popolazione target nei diversi contesti, per spiegare le possibili ragioni alla base della variabilità dei costi;
- tarare i “fattori di rischio”, per adattare il pagamento “a pacchetto” alle caratteristiche del paziente (ad esempio età, sesso, comorbilità) e alle specificità regionali o locali nell'organizzazione e nel finanziamento dei servizi sanitari;
- determinare in che modo gli indicatori di qualità e di esito (comprese anche le preferenze e l'esperienza dei pazienti) dovrebbero essere collegati alla remunerazione del servizio.
Lo studio ha indicato alcuni spunti interessanti per indirizzare i primi tre punti; ad esempio, ha evidenziato che esistono cluster che hanno comportato costi più alti, e non necessariamente i cluster più complessi; è evidente che le cure per i pazienti dei cluster che richiedono più risorse devono essere opportunamente finanziate, ma è anche importante verificare la diffusione e applicazione di buone prassi di cura, visto che lo stesso cluster di pazienti in regioni diversi può essere trattato con costi molto diversi.
Il quarto punto (collegare gli indicatori di esito alla remunerazione dei servizi), strettamente connesso con il tema delle buone prassi di cui sopra, resta ancora da esplorare, definendo metriche adeguate ed integrando i dati attualmente disponibili nei sistemi informativi con informazioni dettagliate sul contenuto dei trattamenti (es. il tipo di psicoterapia erogata, non solo un servizio generico “seduta psicoterapeutica”) e sugli esiti dei trattamenti. Inoltre, i database amministrativi dei sistemi sanitari nazionali o regionali andrebbero anche integrati con informazioni sulle dimensioni sociali, economiche ed ambientali, molto rilevanti nell'analisi dell'assistenza in salute mentale.
🗝️ Dal volume delle prestazioni erogate al valore per il paziente.
Pur in uno studio con i limiti descritti, l'approccio PHM si è rivelato molto interessante, soprattutto per l’obiettivo di passare da modelli di pagamento basati sul volume di prestazioni erogate a modelli di pagamento basati sul valore fornito al paziente.
Sembra in linea di principio possibile implementare tale approccio nei sistemi di Salute Mentale a livello nazionale, regionale o locale, ma il modo e la completezza con cui può essere implementato dipende in gran parte da:
- caratteristiche specifiche delle pratiche e delle organizzazioni sanitarie;
- risorse disponibili per sostenere lo sforzo;
- ampiezza e la profondità dei sistemi informativi esistenti e delle cautele in materia di privacy;
- livello di competenza e di accettazione dei sistemi informativi da parte dei decisori politici, degli amministratori e dei clinici;
- collaborazioni e partnership che esistono all'interno della matrice del sistema sanitario.
[1] “Using big data and Population Health Management to assess care and costs for patients with severe mental disorders and move toward a value-based payment system.”
Autori: Tozzi, V.D., Banks, H., Ferrara, L. et al.
BMC Health Serv Res 23, 960 (2023). https://doi.org/10.1186/s12913-023-09655-6