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La tenerezza e la giustizia - PARTE 1

2024-01-25 19:16

Famiglie in rete

Madri doppiamente disperate, Salute Mentale, Carcere, doppia diagnosi,

La tenerezza e la giustizia - PARTE 1

Mio figlio in carcere non può che peggiorare

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La tenerezza è un modo inaspettato di fare giustizia”: questa coraggiosa frase di Papa Francesco ha ispirato la giornata nazionale di studi organizzata dalla redazione di Ristretti Orizzonti in collaborazione con la Casa di Reclusione di Padova, il 19/5/2023.

Due socie di Famiglie in Rete hanno parlato di salute mentale e carcere: in questo articolo, estratto dagli atti della giornata, la testimonianza di Loretta.

"Ci sono molte cose in comune tra la storia mia e quella che porterà dopo di me Maria: siamo entrambe mamme di due Giacomo, attualmente detenuti entrambi, entrambi con disturbi di personalità, entrambi definiti a doppia diagnosi - disturbo di personalità e dipendenza. 

Poco fa abbiamo sentito parlare di scelta e responsabilità: due termini e due percorsi imprescindibili per i detenuti “normali”, ma difficili per i nostri ragazzi, che perdono completamente la loro lucidità a causa dell'uso di sostanze, e che rimangono in questa sorta di limbo, dove non possono essere né definiti criminali né malati psichiatrici. Perdono il controllo se usano le sostanze, la loro “follia” viene slatentizzata dall'uso di sostanze. Difficilmente negli anni passati si riusciva a trovare un percorso per loro, oggi è ancora difficile però perlomeno si comincia a parlare di doppia diagnosi e i centri di salute mentale cominciano – finalmente - a comunicare con il SerD, anche se faticosamente, perché tuttora permane una tendenza allo “scaricabarile” tra le due strutture.

Esisterebbero in teoria le comunità per pazienti a doppia diagnosi, ma quelli che non trovano un percorso di recupero efficace spesso finiscono in carcere, o - se va bene - nella REMS. La mia lotta, durata dieci anni, raccontata nel mio libro “Io, combatto” che purtroppo avrà ancora molti capitoli, è stata affermare che questo ragazzo in carcere non può che peggiorare. 

Mio figlio ha avuto riconosciuta la sua “doppia diagnosi” (e non tutti lo ottengono, questo riconoscimento), per cui su disposizione del magistrato era stato inviato nel luogo a lui adatto, la REMS, la residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza, dove ci sono le sbarre, ma c'è anche una concezione di cura, soprattutto sotto l'aspetto psichiatrico-psicologico. È stata necessaria una lotta incredibile per riuscire a farlo andare nella REMS. 

Non posso ora raccontare questi 10 anni, un girone infernale, però dico questo: per lui non ci sarebbero probabilmente state le porte girevoli del carcere, se la REMS fosse stata subito disponibile la prima volta in cui ha commesso un reato. 

Giacomo aveva un disturbo borderline-antisociale e una carenza affettiva, che io come madre ho provato a colmare, ma il padre non c'era; ha avuto il primo episodio psicotico a 18 anni: si era seduto sotto casa della ragazza con cui era fidanzato e in uno stato psicotico ha fatto resistenza alle forze dell’ordine. Ci sono voluti anni per avere una diagnosi, per capire che su un soggetto così fragile anche solo l'uso di marijuana può causare questi stati deliranti, che i primi tempi duravano giorni, fino a quando gli psicofarmaci non lo facevano rientrare nella realtà. Ogni volta andava sempre peggio. In quell'occasione, lui, alto 1.90, campione di pugilato, innamorato, ha semplicemente fatto resistenza…  ne sono seguiti due TSO e l’arresto. Quel che oggi voglio sottolineare è che se per quel primo reato lui avesse trovato posto nella REMS, forse non avrebbe avuto gli altri tre arresti.

Da questa esperienza, che risale a qualche anno fa, la mia battaglia è per le REMS. Sono strutture che funzionano: io ne sono testimone perché Giacomo c'è stato due anni, funzionano. Però sono poche e mal gestite, ora purtroppo anche pericolose. Qualcuno osa rimpiangere gli ospedali psichiatrici giudiziari, ma la riforma delle REMS è sacrosanta. Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati chiusi nel 2015 ma è ancora una riforma lenta e sofferta. Quindi la mia denuncia è semplicemente per chiedere: portiamo a termina la riforma delle REMS . Non è ammissibile che per entrare in una REMS ci sia un anno d'attesa; una lista d'attesa di un anno è il motivo per cui Giacomo è entrato in carcere ed è stato trattenuto illegalmente, come ha riconosciuto la Corte europea dei diritti dell’uomo; un anno di detenzione illegale, perché non c'era posto nella REMS, perché eravamo ventesimi in graduatoria. 

Questo è accaduto al secondo arresto, la prima volta l'hanno rilasciato, perché a Regina Coeli si era appena impiccato Valerio Guerrini, anche lui in attesa di ingresso in REMS, l’ennesimo suicidio. La Corte europea ci ha riconosciuto questo anno di detenzione illegale, e faticosamente siamo riusciti a farlo entrare in una REMS, ma solo grazie a questo, altrimenti avrebbe aspettato chissà quanto ancora! La REMS ha cominciato a condurre mio figlio su un percorso lento, sempre difficile, ma con gli strumenti adeguati intorno. Un momento di rabbia, un momento di pericolo, può essere gestito solo da persone formate allo scopo, per quanto in carcere ci siano persone meravigliose tra gli agenti penitenziari e tra gli operatori, non sono formati specificatamente per trattare i disturbi psichici.

Quindi un anno fa Giacomo stava proseguendo questo percorso nella REMS, con qualche il progresso e una rivalutazione ogni sei mesi: «È pronto per tornare sui territori? Ad essere affidato?». «No, non è pronto». Mio figlio ancora non era pronto. Poi nel luglio scorso mio figlio è scappato, è riuscito a scavalcare i tre metri di recinzione e se ne è andato. Ovviamente è andato subito a cercare le sostanze e, anche scoperto rispetto alla terapia, ha commesso un altro reato, questa volta più grave. I giornali hanno scritto che il nipote di Kim Rossi Stuart aveva tentato una rapina su un tram, ad uno sconosciuto; i fatti sono diversi: lui doveva fare uno scambio - purtroppo sappiamo di che scambio parliamo - con una persona che non ha mantenuto  gli accordi e lui le ha dato un pugno; quindi non si trattava di un povero sconosciuto che è stato aggredito e rapinato. In ogni caso, che succede? Succede che lo arrestano, lo portano a Regina Coeli. Io davo per scontato che l'avrebbero ricondotto nella REMS dove stava portando avanti un percorso e dove c'era una disposizione in atto, invece no: lo portano a Regina Coeli, e, mentre è in stato delirante, viene tenuto in cella, lasciato solo, abbandonato a sé stesso per ore, a cercare di uccidersi. E ci stava riuscendo, perché ha rotto una mattonella, si è tagliato le vene, ha preso una vena grossa; ha rotto una finestra, ha mangiato i vetri; prendeva la rincorsa - questo me l'ha raccontato ultimamente – e dava le testate al muro, e infatti il trauma cranico sulla cartella clinica c'è, anche se stranamente non c'è la lavanda gastrica dei vetri; ci sono atti di autolesionismo, anche perché si vedono larghe cicatrici sulle sue braccia. 

Mentre con i precedenti reati era stata riconosciuta la totale infermità mentale o la semi-infermità che gli aveva aperto le porte della REMS, questa volte viene valutato capace di intendere e di volere, quindi imputabile e resta in carcere."

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